26 aprile, 2007

Regalo per la gatta e il corvo del cortile

All'orizzonte di quell'oceano
ci sarebbe stata sempre un'altra isola,
per ripararsi durante un tifone
o per riposarsi e amare.
Quell'orizzonte aperto sarebbe stato
sempre lì, un invito ad andare.

La ragazza delle 100 polpette

Sicuramente cento, forse di più.

72 ieri sera, per il Cinebucum. 2 oggi per la mia gatta in ufficio. Una trentina a casa che aspettano di capire il loro destino, perché io adoro le polpette, ma forse mangiarle anche questa sera è un po' troppo...

Insomma, ieri mi son fatta prendere la mano, che io per 12 persone non avevo mai cucinato in vita mia, e non ho grande occhio per le quantità!

Però buone, morbide, un misto di carne, uova e ricordi, perché quelle polpette io ho imparato a farle dalla zia di Marcello, tra le chiacchiere fitte fitte in leccese e l'acquolina in bocca di quegli anni lì.

E da allora sono le mie polpette, ed insegno a farle a tutti quelli che conosco, perché per me sono le polpette di casa mia, dove tutti hanno una zia o una nonna che in cucina preparano polpette.

Ecco, con questo post qui parto in anticipo per il mio weekend a casa, ed allungo anche un po' fino al Salento, "non sai?" E mi invito a pranzo nelle cucine larghe e piene di luce, e racconto ad una signora gentile che le sue polpette hanno fatto furore e mi scuso se vado via prima del caffè, che qui a Milano la pausa pranzo è così breve...

Lila goes to...

Questa mattina tutto sembra essere spolverato di zucchero a velo e velluto.

E non c'è niente che possa rovinarmi la voglia di mettermi al sole in pausa pranzo, di mangiare le verdure cotte al vapore della nuova vaporiera, di tornare a casa ed entrare nella doccia, portando il miscelatore sul freddo, freddo che più freddo non si può, perché a me la doccia piace farla così, in qualunque stagione.

Sono in uno stato di grazia, non ho ancora combinato molto, se non sorridere al pacchettino che si è materializzato sulla mia scrivania, con un libro che non conosco, una dedica e due fogli scritti con una grafia curata.

Ho voglia di stringhe di liquirizia, di gironzolare per la città prima di sera e di andare.

Dove? Mi piacerebbe che qualcuno mi regalasse una destinazione, dove poter partire senza valigia, con un libro, un biglietto per il treno, le ballerine e un pacchetto di wafer al latte.

Perché domani potrei anche anticipare il ponte e partire, per poche ore, con la Su che scodinzola già all'idea.

24 aprile, 2007

Update

Fab, dopo l'insalata di cipolla, mi ha preparato le fragole con le banane. Ma non fragole e banane così. Buonissime, romanticissime.

Che, se non dovessi pensare al ruolo da duro che lui gioca con il mondo, potrei postare la foto, delle mie fragole e banane di stasera...

Ah, le fragole con le banane.

Dedicato all'insalata alla cipolla del Fab

Cipolla, anfora luminosa,
petalo a petalo
si formò la tua bellezza,
squame di cristallo ti accrebbero
e nel segreto della terra oscura
si arrotondò il tuo ventre di rugiada.
Sotto la terra
fu il miracolo
e quando apparve
il tuo rozzo stelo verde,
e nacquero
le tue foglie come spade nell'orto,
la terra accumulò il suo potere
mostrando la tua nuda trasparenza,
e come in Afrodite il mar remoto
duplicò la magnolia
innalzando i suoi seni,
così ti fece,
cipolla,
chiara come un pianeta,
e destinata a brillare,
costellazione costante,
rotonda rosa d'acqua,
sulla tavola della povera gente.
Generosa
disfi
il tuo globo di freschezza
nella consumazione fervente della pentola,
e la parete di cristallo
al calore acceso dell'oliosi trasforma in arricciata penna d'oro.
Anche ricorderò come feconda
la tua influenza l'amor dell'insalata,
e sembra che il cielo contribuisca
dandoti fine forma di grandine
a celebrare la tua chiarità sminuzzata
sugli emisferi di un pomodoro.
Ma alla portata delle mani del popolo,
innaffiata di olio,
spolverata con un po' di sale,
uccidi la fame
dell'operaio nella dura strada.
Stella dei poveri,
fata madrina
avvolta in delicata carta,
esci dal suolo,
eterna, intatta, pura
come seme d'astro,
e nel tagliarti
il coltello in cucina
sale l'unica lacrima
senza pena.
Io ho cantato quanto esiste, cipolla,
ma per me tu sei più bella
di un uccello dalle penne abbaglianti,
sei per i miei occhi
globo celeste, coppa di platino,
danza immobile
di anemone niveo,
e vive la fragranza della terra
nella tua natura cristallina.

Pablo Neruda
Ode alla Cipolla

Ecco, mi sento commossa, poetica e grata alla vita, anche se saprò per dieci giorni di cipolla e se principi e cavalieri cadranno svenuti al mio passaggio.

19 aprile, 2007

Lila at lunch

Eccolo, il magone di metà mattina.

Dovrei andare a New York, con il Fab che fa lo scrittore promettente e squattrinato, un gatto senza nome e una casa senza mobili.

... ma non saprei chiamare i taxi fischiando, con un cappello a tesa larga e gli occhiali da sole...

No, quello che vorrei è un vaso di ranuncoli, una bottiglia di vino rosso, un cd di Tom Waits e laTita a pranzo con me.

L'ho chiamata, un attimo fa, in questa ora strana per chiamare un'amica, mentre lei dava la pappa alla sua bimba ed intanto pensava a quale busta knorr preparare per sè. La mia Tita che mangia schifezze, la mia Tita che si fa crescere i capelli, la mia Tita che non ci credo che è diventata mamma.

Bella, la mia amica che sa di mare e di campagna.

18 aprile, 2007

PinkLila



Ho avuto due regali dal mio amore viaggiatore, per scacciar via le notti solitarie e la paura del buio. Rosa. Bellissimi. Frivoli. Futili. Una scatola di latta per le calze ed una borsina per le spazzole, lo spazzolino ed il mio mascara. :)

GreenLila

Si sono radunate di notte. Hanno chiamato i vecchi stregoni, per un sabba verde. Hanno danzato, libere dal cemento, senza curarsi delle macchine parcheggiate, attente solo a non disturbare i nidi, a non svegliare le formiche.

Ieri mattina erano rami ancora spogli, vedevi le foglie compresse in guaine strette, troppo strette ormai, busti da vecchie zitelle un po’ peutulanti, quelle che hanno sempre una mentina e un fazzoletto di lino in una borsa di lucertola nera.

Hanno danzato, scuotendo le teste che oggi sono cappelli di un verde che se non esistesse non ci sarebbe niente per immaginare il verde.

Ed oggi le vedi, orgogliose dei loro vestiti nuovi, che oscillano nel sole.

Le foglie dell’acero raccontano di bambini e biciclette, quelle della quercia di fortini e battaglie con pallottole di fango, le betulle dell’amore triste di un merlo.

E ridono sotto i temporali, e si fanno fare il solletico dalle nuvole, e non hanno paura di niente, nemmeno dei bruchi, forse solo un po’ della grandine, che spoglia e umilia come un tradimento.

Credo davvero che non dovrei far altro che prendere un vecchio plaid di lana, scozzese e un po’ ruvido, e sdraiarmi alla loro ombra, e stare zitta, spegnere il telefono, chiudere gli occhi e aspettare di diventare meno grigetta anche io, più verde e bella.

16 aprile, 2007

Cose

Cose che sono successe, cose che succedono, cose che forse succederanno.

Cose. Piccole, come comprare un paio di scarpe e commuoversi per un film, così.

Cose microscopiche, come confrontare i ricordi, e a me sembra di ricevere regali inaspettati e preziosi, perché nessuno mi ha mai regalato ricordi comuni.

Cose che mi fanno arrivare a sera stanca, e vorrei scrivere cose diverse, ma il letto canta come una sirena, mi invita, mi inebria, e io mi arrendo, eccomi, arrivo, lascio stare tutto, non spengo nemmeno la luce, non mi tolgo neanche gli occhiali, mi sono solo tolta le scarpe.

Cose che stanno in un sacchetto, un libro, tre film, e una borsa insospettabile.

Cose che profumano, di pulito, di latte, di fiori, di pensieri, di sole, di vino, di capelli, di carta, di niente, di caffè, di lenzuola, di basilico, di pasta lievitata, di metallo, di cuoio, di freddo, di sorrisi, di una scatola che contiene settantaquattro bustine di diversi tè, da dolcificare a piacere con miele e parole.

13 aprile, 2007

Pensieri, ombrelli persi, orecchini spaiati e baci non dati

Oggi in macchina ho pensato ad un incipit di un racconto che mi piacerbbe scrivere. Chissà perché i migliori incipit li penso nella mia Smart, quando non ho né carta né penna né divano.

Probabilmente capita a tutti così, e ci sono migliaia di splendidi pensieri legati ai bordi di un marciapiede, fermi alla fermata del tram, in attesa che qualcuno li recuperi e li porti in un quaderno, in un blog, tra le parole che aspettano pazienti.

Qualcuno di loro finisce sotto una macchina, purtroppo, mentre la biondina al volante pensa che deve preparare la cena, e l'uomo con il naso grosso che deve tornare a casa a correggere i compiti di matematica di seconda media e passare in farmacia, e quella signora nervosa che deve dire al fidanzato che aspettano due gemelli.

Pensieri così, toerie di pensieri, come direbbe il Fab.

Dove vanno i pensieri, una volta pensati? Diventano vapore acqueo, si dissolvono, si posano come una leggera polvere sull’erba ad aspettare un temporale? Vagano?

Forse si imbarcano su qualche volo di linea, insieme a tutti gli ombrelli persi e gli orecchini spaiati e i baci non dati.

Probabilmente si riconoscono: "...ma tu sei “ho finito i limoni”, ciao io sono "vorrei avere le ciglia così lunghe”, prendi lo stesso volo?", mentre guardano con desiderio quei pensieri che sono diventati parole, quelli che sono addirittura parole che non si dimenticano e quelli che ora sono inchiostro viola su un quadernino.

Ecco, io li accompagnerei all'aeroporto tutti questi pensieri, e direi loro di salutare per me il mio ombrello rosso e quel meraviglioso orecchino con le perline verdi che ho perso a tredici anni.

(E dite ai baci che non ho dato che. Dite loro che. Dite questo. Loro capiranno).

Sono giorni che

Ci sono alcuni giorni in cui senti che sei tu a decidere quello che sei, come sei e come sarai.

Sono molto fiera di aver raccolto tutte le meravigliose schifezze dolci arrivate in ufficio in un sacchetto, e di averle regalate al figlio della portinaia (il dolcetto pan di stelle del mulino bianco, mai assaggiato ma così bello, a dir il vero, mi mancherà tantissimo).

Sono fiera di non aver ceduto alla pigrizia, stamattina, e di aver visto un cagnone tutto nero giocare nel cortile alle 7 di mattina, come se la giornata non potesse che essere meravigliosa, per lui e per tutto il mondo.

Sono fiera di una nuova consapevolezza.

Sono fiera di molte cose. E sono perplessa per tante altre, così perplessa che ho chiesto al Fab di aspettare che mi arrivassero le parole, ed intanto di darmi baci.

Sono giorni in cui l'unica cosa sensata sarebbe mettersi al sole, a dormicchiare, ad arrotolare il tempo sulla pelle, a canticchiare a bassa voce, a camminare in mezzo a fontane per non bagnarsi, o per bagnarsi, ma con il sorriso.

Sarebbero giorni di libri, di cose da organizzare, di desideri, del cioccolato di quel coniglietto al latte che mi guarda grato, con quel suo fare saggio (eh no!, lui non sono riuscita a regalarlo, mi guardava...)

03 aprile, 2007

Se vuole può averlo gratis...

Buffo, eh.

Pranzo con Fab, e già mi piace. Un bel calduccio fuori, ed i tulipani di tutti i colori, e mi piace ancora di più. Giretto da Feltrinelli? Bellissimo.

Poi arrivo alla cassa, ed un ragazzo occhialuto mi sorride e mi dice che quello che ho comprato posso averlo gratis. Perché io ho una tessera blu magica che si ricarica da sola, forse...

Io non so perché, ma la mia tessera ha condizioni speciali, che in un momento di sana onestà ho anche tentato di scoprire... poi ho smesso di chiedermelo, ed ora questa tessera blu magica è il mio tesoro! :)

- 4!

Giornali frivoli, il miglior marocchino della storia dei marocchini, Feltrinelli, serata di progetti con Paola che aspetta un bambino.

Gli ovetti kinder da aprire con mio cugino, il broncio con mia zia perché io non voglio l'agnello. Vedere le scarpe nuove di mia mamma ed accoccolarmi vicino a papà, e regalare a mia nonna l'ultimo giallo che ho letto. Andare al cinema con Silvietto che è diventato ingegnere alla Normale e far correre Pillo al parco.

Ho voglia di tornare a casa. Ho voglia di mare. Di quello arrabbiato in questo aprile strano per la Puglia, che ulula, e tu puoi star lì, ad ascoltarlo senza cercare di consolarlo, che a volte urlare è necessario.

Tre libri nuovi per quattro giorni, metti che uno non mi piaccia? L'ipod che mi preparerà Fab per il viaggio, con i Baustelle ed i Pearl Jam.

Passeggiare per le strade del luogo a cui appartengo, da sempre e per sempre.

Cose così.

02 aprile, 2007

Merde

Questa notte ho sognato di trasferirmi a Parigi, in uno di quei sottotetti che hanno solo le città europee.

Ora sono sveglia, ma provo ancora ad immaginarmi camminare ogni giorno sui viali. Provo a vedermici e mi ci vedo. Provo ad immaginarmi tornare ogni sabato dal mercato con le verdure, i capperi sotto sale per il Fab, i lupini, il pane sotto il braccio.

c'est où le marché ici? où? où? trop compliqué s'imaginer une vie. une maison. sortir le samedi. manger. boir. faire la cuisine.

Mi organizzo mentalmente il trasloco lontano. Sarà facile, già mi vedo mettere fogli di giornale intorno alle mie cose preziose, ancora una volta. Già mi vedo selezionare i libri di cui non posso fare a meno, scegliendone troppi più del necessario e portare almeno 10 delle mie scatole di latta. Mi dico che quella rossa dei cioccolatini andrebbe bene su un comodino, se mai ne dovessi avere uno.

Va bene, mi dico. "casa è dove ci sono i miei libri" ha detto ieri il Pier. Se porto i miei libri, posso vivere a Parigi. E finisco per desiderarlo davvero...

merde.

Oggi il mio alter-ego ha la erre moscia.