ci sarebbe stata sempre un'altra isola,
per ripararsi durante un tifone
o per riposarsi e amare.
Quell'orizzonte aperto sarebbe stato
sempre lì, un invito ad andare.
Il mio sogno è crescere felice, un altro è che, in qualche luogo nascosto, esista davvero Paperino. E le mucche volanti di Chagall. Mi piacerebbe anche dipingere di rosso la porta della mia casa. E vorrei che il mio cagnolino potesse ritornare cucciolo infinite volte. :)
Questa mattina tutto sembra essere spolverato di zucchero a velo e velluto.
E non c'è niente che possa rovinarmi la voglia di mettermi al sole in pausa pranzo, di mangiare le verdure cotte al vapore della nuova vaporiera, di tornare a casa ed entrare nella doccia, portando il miscelatore sul freddo, freddo che più freddo non si può, perché a me la doccia piace farla così, in qualunque stagione.
Sono in uno stato di grazia, non ho ancora combinato molto, se non sorridere al pacchettino che si è materializzato sulla mia scrivania, con un libro che non conosco, una dedica e due fogli scritti con una grafia curata.
Ho voglia di stringhe di liquirizia, di gironzolare per la città prima di sera e di andare.
Dove? Mi piacerebbe che qualcuno mi regalasse una destinazione, dove poter partire senza valigia, con un libro, un biglietto per il treno, le ballerine e un pacchetto di wafer al latte.
Perché domani potrei anche anticipare il ponte e partire, per poche ore, con la Su che scodinzola già all'idea.
Eccolo, il magone di metà mattina.
Dovrei andare a New York, con il Fab che fa lo scrittore promettente e squattrinato, un gatto senza nome e una casa senza mobili.... ma non saprei chiamare i taxi fischiando, con un cappello a tesa larga e gli occhiali da sole...
No, quello che vorrei è un vaso di ranuncoli, una bottiglia di vino rosso, un cd di Tom Waits e laTita a pranzo con me.
L'ho chiamata, un attimo fa, in questa ora strana per chiamare un'amica, mentre lei dava la pappa alla sua bimba ed intanto pensava a quale busta knorr preparare per sè. La mia Tita che mangia schifezze, la mia Tita che si fa crescere i capelli, la mia Tita che non ci credo che è diventata mamma.
Bella, la mia amica che sa di mare e di campagna.
Adoro il cioccolato di via Anfossi e fare l'amore sui prati mossi.
Innamorata di un elfo che uccide gli orchi con le sue magie. (...)
Françoise alzò gli occhi. Le dita di Gerbert saltellavano sulla tastiera, mentre egli fissava il manoscritto con aria torva. Sembrava stanco e anche Françoise era assonnata, ma la stanchezza in lei aveva un che di intimo e di lezioso. Non le piacevano quelle occhiaie nere che sottolineavano gli occhi di Gerbert: aveva il volto sciupato, più duro, i suoi vent'anni si vedevano tutti. (...)L'invitata, Simone de Beauvoir
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